Il 22 maggio, giornata dell’anniversario della Legge 194, NUDM La Spezia ha presentato la mappatura dal basso dell’obiezione di coscienza e la guida autoprodotta all’IVG (interruzione volontaria di gravidanza). Torna in piazza, torna a fare rumore e chiama un presidio pubblico per venerdì 8 luglio, alle ore 18 in piazza Mentana, al grido “SUI NOSTRI CORPI DECIDIAMO NOI!”
Lo scorso 25 giugno la Corte Suprema statunitense ha di fatto cancellato il diritto all’aborto sicuro a livello federale, revocando la sentenza Roe vs Wade del 1973 che garantiva l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza.
Sono già 26 gli Stati USA in cui l’aborto diventerà illegale. 150 milioni di donne e persone con capacità gestante vedranno ancora più limitata la loro autodeterminazione. Fra queste chi pagherà maggiormente le conseguenze di questa decisione saranno le più poverз, le più marginalizzatз, afrodiscendenti e latinз, per cui la possibilità di spostarsi in altri stati dove l’aborto è ancora un diritto si rivelerà pressochè infattibile. In pochi giorni la richiesta delle pillole abortive è quadruplicata ma si rivela una soluzione che non tuttз saranno in grado di perseguire.
MOVIMENTI ANTIABORTISTI e la destra ultra-conservatrice coordinata a livello globale hanno esultato per questa sentenza e di questo non c’è da stupirsi. L’attacco all’aborto è strettamente connesso con l’imposizione della famiglia eteropatriarcale, centro della riproduzione della violenze maschile sulle donne, di rigidi ruoli di genere e della violenza omolesbitransfobica.
Gli ATTACCHI TRANSNAZIONALI ALL’ABORTO si inseriscono in un momento di intensificazione della violenza maschile sulle donne e di genere, dimostrando ancora una volta come la volontà di controllo da parte dello stato dei corpi di donne e persone LGBTQIA+ non è che l’altra faccia della medaglia di una società fondata su una cultura profondamente patriarcale e violenta.
Vediamo un’EUROPA che attua politiche razziste e sessiste e che, grazie a questa guerra, sta rivalutando Stati come quello polacco, dove, non solo è vietato l’aborto anche alle profughe ucraine stuprate, ma si è anche dotato di un registro che monitora le gravidanze al fine di ridurre i tentativi di aborto, o l’Ungheria che promuove leggi anti propaganda gender.
SCENDIAMO IN PIAZZA perché vogliamo urlare ancora una volta che l’accesso all’aborto continua a non essere garantito e limitarlo non significa che l’aborto sparirà , ma che sarà meno sicuro e meno accessibile, diventerà ancora di più una questione di classe e di privilegio e le reti di supporto e di accompagnamento agli aborti saranno ancora più criminalizzate.
Significa che le donne e le persone con capacità gestante continueranno a scegliere di abortire, ma clandestinamente e in autogestione senza un supporto medico adeguato o ricorrendo quando possibile a viaggi costosi verso cliniche private, che rendono un business ciò che dovrebbe essere un diritto alla salute.
Per questo continuiamo a lottare per l’autodeterminazione e contro l’obiezione di coscienza: vogliamo molto più della legge 194. Le nostre esperienze raccontano della disparità all’accesso alla salute, di come i mezzi, le informazioni e l’ambiente in cui si vive incidono sulla nostra possibilità di scelta.
L’ACCESSO ALL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA è ancora un percorso ad ostacoli: in molte regioni l’obiezione di coscienza rende impossibile abortire legalmente, arrivando a toccare anche punte del 100% di obiettori. Quando decidiamo di non portare a termine una gravidanza indesiderata, siamo sempre esposte alla violenza medica, al continuo giudizio continuo e moralistico del personale medico, molto spesso non adeguatamente formato, alla stigmatizzazione. Non vogliamo che i movimenti anti-abortisti presidino ospedali e consultori! Vogliamo un’educazione sessuale e all’affettività nelle scuole, libere da gruppi cattolici no-gender!
Le proteste delle femmministe non si sono fatte attendere. La richiesta che infiamma le piazze statunitensti è quella di un aborto sicuro per tutte e tuttÉ™: if abortion isn’t safe, neither are you, gridano: se l’aborto non è sicuro, nemmeno voi lo siete.
Dall’Argentina all’Italia, continueremo a lottare perché sulle NOSTRE vite, sui NOSTRI corpi decidiamo sempre e solo noi.
Sono già 26 gli Stati USA in cui l’aborto diventerà illegale. 150 milioni di donne e persone con capacità gestante vedranno ancora più limitata la loro autodeterminazione. Fra queste chi pagherà maggiormente le conseguenze di questa decisione saranno le più poverз, le più marginalizzatз, afrodiscendenti e latinз, per cui la possibilità di spostarsi in altri stati dove l’aborto è ancora un diritto si rivelerà pressochè infattibile. In pochi giorni la richiesta delle pillole abortive è quadruplicata ma si rivela una soluzione che non tuttз saranno in grado di perseguire.
MOVIMENTI ANTIABORTISTI e la destra ultra-conservatrice coordinata a livello globale hanno esultato per questa sentenza e di questo non c’è da stupirsi. L’attacco all’aborto è strettamente connesso con l’imposizione della famiglia eteropatriarcale, centro della riproduzione della violenze maschile sulle donne, di rigidi ruoli di genere e della violenza omolesbitransfobica.
Gli ATTACCHI TRANSNAZIONALI ALL’ABORTO si inseriscono in un momento di intensificazione della violenza maschile sulle donne e di genere, dimostrando ancora una volta come la volontà di controllo da parte dello stato dei corpi di donne e persone LGBTQIA+ non è che l’altra faccia della medaglia di una società fondata su una cultura profondamente patriarcale e violenta.
Vediamo un’EUROPA che attua politiche razziste e sessiste e che, grazie a questa guerra, sta rivalutando Stati come quello polacco, dove, non solo è vietato l’aborto anche alle profughe ucraine stuprate, ma si è anche dotato di un registro che monitora le gravidanze al fine di ridurre i tentativi di aborto, o l’Ungheria che promuove leggi anti propaganda gender.
SCENDIAMO IN PIAZZA perché vogliamo urlare ancora una volta che l’accesso all’aborto continua a non essere garantito e limitarlo non significa che l’aborto sparirà , ma che sarà meno sicuro e meno accessibile, diventerà ancora di più una questione di classe e di privilegio e le reti di supporto e di accompagnamento agli aborti saranno ancora più criminalizzate.
Significa che le donne e le persone con capacità gestante continueranno a scegliere di abortire, ma clandestinamente e in autogestione senza un supporto medico adeguato o ricorrendo quando possibile a viaggi costosi verso cliniche private, che rendono un business ciò che dovrebbe essere un diritto alla salute.
Per questo continuiamo a lottare per l’autodeterminazione e contro l’obiezione di coscienza: vogliamo molto più della legge 194. Le nostre esperienze raccontano della disparità all’accesso alla salute, di come i mezzi, le informazioni e l’ambiente in cui si vive incidono sulla nostra possibilità di scelta.
L’ACCESSO ALL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA è ancora un percorso ad ostacoli: in molte regioni l’obiezione di coscienza rende impossibile abortire legalmente, arrivando a toccare anche punte del 100% di obiettori. Quando decidiamo di non portare a termine una gravidanza indesiderata, siamo sempre esposte alla violenza medica, al continuo giudizio continuo e moralistico del personale medico, molto spesso non adeguatamente formato, alla stigmatizzazione. Non vogliamo che i movimenti anti-abortisti presidino ospedali e consultori! Vogliamo un’educazione sessuale e all’affettività nelle scuole, libere da gruppi cattolici no-gender!
Le proteste delle femmministe non si sono fatte attendere. La richiesta che infiamma le piazze statunitensti è quella di un aborto sicuro per tutte e tuttÉ™: if abortion isn’t safe, neither are you, gridano: se l’aborto non è sicuro, nemmeno voi lo siete.
Dall’Argentina all’Italia, continueremo a lottare perché sulle NOSTRE vite, sui NOSTRI corpi decidiamo sempre e solo noi.