INTRODUZIONE
Dopo tanta fatica e attesa oggi è finalmente l’8 marzo e abbiamo scelto di tornare in piazza, qui fra sorelle e compagnx per dimostrare ancora una volta la forza del movimento femminista e transfemminista globale.
Abbiamo scelto di tornare ad occupare le piazze e le strade con i nostri corpi, lo faremo avendo cura della salute di tuttə.
Per questo in piazza troverete disinfettanti e mascherine: costruire spazi safe e sicuri per tuttə è parte della nostra pratica politica.
Questo è un presidio transfemminista, antirazzista, antifascista e antiabilista. Chiediamo a tutte, tuttu e tutti di aiutarci a costruire un momento che sia davvero sicuro.
Non sarà accettato alcun atteggiamento oppressivo: è chi subisce a definire ciò che è violenza. Mettiti in ascolto perché NO VUOL DIRE NO.
Nel caso doveste subire o assistere a una qualunque forma di molestia, violenza o provocazione, se non ti senti bene/a tuo agio o vedi qualcuna/qualcuno che non si sente bene, comunicacelo. Abbiamo il panuelo fuxia.
Abbiamo bisogno che ciascunə faccia la sua parte: la cura è una pratica collettiva.
A un certo punto della manifestazione chiuderemo lasciando il microfono aperto, invitiamo chi vuole ad avvicinarsi, per esprimere e manifestare il motivo per è qui in piazza con noi o effettuare un intervento libero.
***Ricordiamo a tutte le persone, collettivi e realtà presenti in piazza con noi che oggi è una giornata di lotta delle donne e delle soggettività LGBTQIAP+ e questo è un presidio convocato all’interno della giornata di Sciopero Femminista e Transfemminista Globale, non abbiamo bisogno di bandiere e loghi, perché siamo MAREA. In piazza vogliamo contenuti non loghi. Sì a tutti gli striscioni di contenuto anche firmati ma purché la firma non diventi lo striscione stesso.
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Negli ultimi anni abbiamo vissuto lo sciopero femminista e transfemminista globale come una manifestazione di forza, il grido di chi non accetta di essere vittima della violenza maschile e di genere. Abbiamo riempito le piazze e le strade di tutto il mondo con i nostri corpi e il nostro desiderio di essere vive e libere, abbiamo sfidato la difficoltà di scioperare causata dalla precarietà, dall’isolamento, dal razzismo istituzionale, abbiamo dimostrato che non esiste produzione di ricchezza senza il nostro lavoro quotidiano di cura e riproduzione della vita, abbiamo affermato che non siamo più disposte a subirlo in condizioni di sfruttamento e oppressione.
A un anno dall’esplosione dell’emergenza sanitaria, la pandemia ha travolto tutto, anche il nostro movimento e la nostra lotta, rendendoli ancora più necessari e urgenti. Lo scorso 8 marzo ci siamo ritrovatə allo scoccare del primo lockdown e abbiamo scelto di non scendere in piazza a migliaia e migliaia come gli anni precedenti, per la salute e la sicurezza di tutte. È a partire dalla consapevolezza e dalla fantasia che abbiamo maturato in questi mesi di pandemia, in cui abbiamo iniziato a ripensare le pratiche di lotta di fronte alla necessità della cura collettiva, che abbiamo sentito il bisogno di costruire questo 8 marzo un nuovo sciopero femminista e transfemminista, della produzione, della riproduzione, del e dal consumo, dei generi e dai generi. Non possiamo permetterci altrimenti.
Vogliamo continuare a creare l’occasione per dare voce a chi sta vivendo sulla propria pelle i violentissimi effetti sociali della pandemia, e per affermare il nostro programma di lotta contro piani di ricostruzione che confermano l’organizzazione patriarcale della società contro la quale da anni stiamo combattendo insieme in tutto il mondo.
Non abbiamo bisogno di spiegare l’urgenza di questa lotta. Le tantissime donne che sono state costrette a licenziarsi perché non potevano lavorare e contemporaneamente prendersi cura della propria famiglia sanno che non c’è più tempo da perdere. Lo sanno le migliaia di lavoratrici che hanno dovuto lavorare il doppio per ‘sanificare’ ospedali e fabbriche in cambio di salari bassissimi e nell’indifferenza delle loro condizioni di salute e sicurezza. Lo sanno tutte le donne e persone Lgbt*QIAP+ che sono state segregate dentro alle case in cui si consuma la violenza di mariti, padri, fratelli. Lo sanno coloro che hanno combattuto affinché i centri antiviolenza e i consultori, i reparti IVG, i punti nascita, le sale parto, continuassero a funzionare nonostante la strutturale mancanza di personale e di finanziamenti pubblici aggravata nell’emergenza. continuassero a funzionare nonostante la strutturale mancanza di fondi.
Lo sanno le migranti, quelle che lavorano nelle case e all’inizio della pandemia si sono viste negare ogni tipo di sussidio, o quelle che sono costrette ad accettare i nuovi turni impossibili del lavoro pandemico per non perdere il permesso di soggiorno. Lo sanno le insegnanti ridotte a ‘lavoratrici a chiamata’, costrette a fare i salti mortali per garantire la continuità dell’insegnamento mentre magari seguono i propri figli e figlie nella didattica a distanza. Lo sanno lə studenti che si sono vistə abbandonare completamente dalle istituzioni scolastiche, già carenti in materia di educazione sessuale, al piacere, alle diversità e al consenso, sullo sfondo di un vertiginoso aumento delle violenze tra giovanissimə. Lo sanno le persone trans* che hanno perso il lavoro e fanno ancora più fatica a trovarlo perché la loro dissidenza viene punita sul mercato. Lo sanno lə sex workers, invisibilizzatə, criminalizzatə e stigmatizzatə, senza alcun tipo di tutela nè sindacalizzazione, che hanno dovuto affrontare la pandemia e il lockdown da solə.
Abbiamo bisogno di tenere alta la sfida transnazionale dello sciopero femminista e transfemminista perché i piani di ricostruzione postpandemica sono piani patriarcali.
A fronte di uno stanziamento di risorse economiche per la ripresa, il Recovery Plan non rompe la disciplina dell’austerità sulle vite e sui corpi delle donne e delle persone LGBT*QIAP+. Da una parte si parla di politiche attive per l’inclusione delle donne al lavoro e di «politiche di conciliazione», dando per scontato che chi deve conciliare due lavori, quello dentro e quello fuori casa, sono le donne. Dall’altra non sono le donne, ma è la famiglia – la stessa dove si consuma la maggior parte della violenza maschile, la stessa che impedisce la libera espressione delle soggettività dissidenti ‒ il soggetto destinatario dei fondi sociali previsti dal Family Act. E da questi fondi sono del tutto escluse le migranti, confermando e mantenendo salde le gerarchie razziste che permettono di sfruttarle duramente in ogni tipo di servizi. Così anche gli investimenti su salute e sanità finiranno per essere basati su forme inaccettabili di sfruttamento razzista e patriarcale. Miliardi di euro sono poi destinati a una riconversione verde dell’economia, che mira soltanto ai profitti e pianifica modalità aggiornate di sfruttamento e distruzione dei corpi tutti, dell’ecosistema e della terra.
Poco o nulla si dice delle misure contro la violenza maschile e di genere, nonostante questa sia aumentata esponenzialmente durante la pandemia, mentre il «reddito di libertà» è una risposta del tutto insufficiente alla nostra rivendicazione dell’autodeterminazione contro la violenza, anche se dimostra che la nostra forza non può essere ignorata. Questo 8 Marzo non sarà facile, ma è necessario. Lo sciopero femminista e transfemminista non è soltanto una tradizionale forma di interruzione del lavoro ma è un processo di lotta che attraversa i confini tra posti di lavoro e società, entra nelle case, invade ogni spazio in cui vogliamo esprimere il nostro rifiuto di subire violenza e di essere oppressə e sfruttatə. Questa è da sempre la nostra forza e oggi lo pensiamo più che mai, perché ogni donna che resiste, che sopravvive, ogni soggettività dissidente che si ribella, ogni migrante afferma la propria libertà fa parte del nostro sciopero.
Proprio oggi che il nostro lavoro, dentro e fuori casa, è stato definito «essenziale», e questo ci ha costrette a livelli di sfruttamento, isolamento e costrizione senza precedenti, noi diciamo che “essenziale è il nostro sciopero, essenziale è la nostra lotta!”.
INTERVENTO coreografico
1. Se le nostre vite non valgono, al punto che uccidono una di noi ogni tre giorni, addirittura ogni due da quando è iniziata la pandemia, allora noi scioperiamo.
2. Se le nostre vite non valgono, al punto che possono stuprarci, molestarci, scambiarsi le nostre foto nelle chat, allora noi scioperiamo.
3. Se le nostre vite non valgono, al punto da poterci lasciare in massa senza lavoro e senza reddito appena non siamo più “essenziali” per i loro profitti, allora noi scioperiamo
4. Se le nostre vite non valgono, al punto da essere ridotte a numeri di cronaca o titoli scandalistici sulle pagine dei giornali, allora noi scioperiamo.
5. Se le nostre vite non valgono, al punto che persino le sentenze dei tribunali scrivono nero su bianco che la violenza che subiamo è colpa nostra, allora noi scioperiamo.
6. Se le nostre vite non valgono, al punto che non solo non vengono dati fondi ai percorsi di fuoriuscita dalla violenza, ma addirittura vengono sistematicamente ostacolati, allora noi scioperiamo.
7. Se le nostre vite non valgono, al punto di farci lavorare e studiare senza attenzione, prevenzione e cura, allora noi scioperiamo.
8. Se le nostre vite non valgono, al punto da sfruttarci, sottopagarci, costringerci a orari di lavoro eccessivi nella maggior parte dei casi, allora noi scioperiamo.
9.Se le nostre vite non valgono, tanto da negare sistematicamente prevenzione e formazione nelle scuole, allora noi scioperiamo.
10.Se le nostre vite non valgono, al punto che la scelta su chi vogliamo essere, sul nostro genere, sull’orientamento sessuale viene sottoposta a psichiatrizzazione e considerata anormale o patologica, allora noi scioperiamo.
11. Se le nostre vite non valgono e sono continuamente subordinate a ricatti di ogni tipo, come quello della perdita del permesso di soggiorno, allora noi scioperiamo.
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INTERVENTO SU SALUTE e VISITA GINECOLOGICA SOLIDALE (inserire link al PDF)
INTERVENTO TRANSNAZIONALE
Nel 2019 durante il primo corteo de Lotto Marzo a La Spezia ci siamo presx le strade e le piazze del centro, ridenominandole per ricordare e onorare la lotta di donne e soggettività LGBTQIAP+.
Questa piazza è da allora “Piazza NUDM” preceduta da “Largo Marielle Franco” e altre ancora. Vogliamo anche oggi trasmettere il carattere transnazionale della nostra lotta, che attraversa confini e desideri e si è fatta movimento globale, sin dal primo anno di sciopero femminista e transfemminista.
Oggi abbiamo portato qui in piazza, un’insegna che richiama la conquista del movimento femminista argentino, Piazza 30 Dicembre, giorno in cui dopo anni di lotta si è raggiunta l’approvazione in Parlamento della legge per l’aborto.
Siamo una grande marea: dalla COMISIÓN 8M spagnola, che non rinuncia alla lotta nonostante il divieto di concentrazione in tutta la Comunità di Madrid, alle compagne greche, a quelle turche, messicane, alle Mujeres Indígenas por el Buen Vivir, alle compagne brasiliane, svizzere, tedesche, belghe, olandesi, in solidarietà con le migranti che attraversano tutti i nostri territori, per le loro lotte che sono di tutte noi.
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Nell’ottobre 2019 oltre un milione e mezzo di persone sono scese in piazza a Santiago del Cile per protestare contro le enormi disuguaglianze del Paese. Il grido di battaglia del collettivo Las Tesis “Un violador en tu camino” ha fatto il giro del mondo e lo scorso anno per lo sciopero delle donne dell’8 marzo oltre 4 milioni di donne sono scese per strada in tutto il Paese.
Appello della Coordinadora Feminista 8M
Per difendere il nostro programma femminista contro la precarizzazione della vita, donne, gruppi e soggettività dissidenti chiamano lo sciopero femminista generale del 2021.
Ci uniamo per dire ancora una volta che non pagheremo la crisi con i nostri corpi e che non staremo mai più in silenzio. Quindi spargiamo il potere della nostra forza femminista in tutti gli spazi e territori. Riaffermiamo la nostra lotta per trasformare radicalmente la vita e costruire insieme una vita che ci piaccia. Quest’anno, al centro della nostra lotta c’è l’uscita di scena del presidente Piñera, la fine del terrorismo di Stato e il processo e la punizione di tutte le persone che lo hanno sostenuto, l’immediato rilascio di chi è in carcere per aver preso parte alla rivolta – oltre a alle richieste e ai compiti sviluppati nel Meeting Plurinazionale di Las y Les que Luchan.
Lo sciopero generale dell’8 marzo è multiplo, massiccio, aperto e diversificato: si sviluppa in tutti gli spazi e in tutti i modi possibili, paralizzando i lavori produttivi e riproduttivi, per colpire gli interessi economici delle imprese e del capitale, e dimostrare ancora una volta che i nostri lavori sostengono la vita.
DI FRONTE ALLA LA CRISI SANITARIA, ECONOMICA E SOCIALE:
SCIOPERO GENERALE FEMMINISTA!